Chi siamo 2018-07-13T15:02:03+00:00

GORA SUMMER FESTIVAL

 

dove la memoria si fonde con la musica.

Immerso nella verde cornice del Parco dei Cigni, a Castel del Piano già noto come “La Gora”, dal 2 al 5 di agosto 2018 si terrà la seconda edizione del Gora Summer Festival. Musica, street food, mercatini, appuntamenti storici e culturali per una due giorni che mescola modernità e tradizione. Non è infatti casuale la location pensata per questa trasversale kermesse musicale e gastronomica. L’attuale Parco dei Cigni infatti, oltre ad essere una suggestiva location per un festival simile, trasuda memoria e tradizione di questo paese. Nel secolo scorso infatti, nell’attuale Parco dei Cigni, si trovava una porzione della cava di farina fossile di Campogrande. Dal 1913 fino al 1978, in questo luogo hanno lavorato moltissimi operai e minatori di Castel del Piano e non solo, molti dei quali hanno ripagato con la vita lo sforzo di una vita trascorsa in miniera. La sottilissima polvere di farina fossile estratta e lavorata sia nelle cave che negli stabilimenti, una volta inalata era causa della silicosi, malattia in molti casi letale che colpì la maggior parte dei lavoratori. La fatica e la sofferenza di allora vengono ricordate in questa due giorni, attraverso il linguaggio della musica e della gastronomia, per creare un momento di riflessione comune che trova sfogo nel puro divertimento.

 

La ricca presenza di sorgenti, in Amiata in generale e nelle vicinanze del paese di Castel del Piano più in particolare, ha nei secoli favorito la nascita e lo sviluppo di diverse attività imprenditoriali(sia artigianali che industriali). A Castel del Piano, alcune di quelle sorgenti furono di grande aiuto soprattutto per le cave e lo stabilimento di farina fossile meglio noto come “Latte di Luna”, per quello del Tannino, per un sansificio ed una fornace vicino al Podere del Campo Grande. La lavorazione industriale della farina fossile in Amiata inizia a partire dal 1913, anche se la sua conoscenza risale forse a più di un secolo prima. Verso i primi del ‘900 però la sua produzione aumentò significativamente, anche soprattutto per il suo massiccio impiego oltreoceano(Stati Uniti e Canada). Fu così che nel 1913, le cave di Castel del Piano di proprietà del Vitale di Napoli, iniziarono ad essere sfruttate. Dopo poco tempo la gestione della cava passò, per un breve periodo in mano della Solmine e poi dell’ingegner Paul Jaume, detto il francesino che gestì per conto del governo francese fino al 1929. In quell’anno infatti, vendette le cave e gli stabilimenti ad Enrico Winkelmann, tedesco e all’ingegnere minerario piemontese Crida. Negli anni sessanta, la ditta Winkelmann e Crida si trasforma in Winkelmann S.p.a. con al fianco alcuni industriali milanesi, toccando la vetta massima di produzione. Seppur esaurita la cava, negli anni settanta la produzione di farina fossile non si fermò, attraverso lo stabilimento di raffinazione che chiuse i battenti definitivamente nel 1978. Gli elevati costi dei trasporti per la farina fossile, portò la società a trasferire il proprio stabilimento a Foggia, nel mentre la direzione era passata in mano ai due industriali del Nord Italia, Dal Cin e Gerloni.

 

La farina fossile di Castel del Piano e sua lavorazione

Famosi i giacimenti di farina fossile provenienti da Castel del Piano, soprattutto per la loro origine, da depositi di diatomee formate in acque dolci e cristallinee. I banchi rinvenuti sull’Amiata, provenivano da una stratificazione costante delle alghe che una volta morte caddero sul fondo dei laghi dando così origine a depositi di farina fossile. Le cave di farina fossile presenti a Castel del Piano erano due, una in zona Casella e l’altra in zona Campogrande. Il processo di depurazione chimica del materiale proveniente dalle cave amiatine, dopo la selezione e successiva essiccazione, avveniva nei forni di calcificazione e di raffinazione, dove la farina fossile con sale da cucina, veniva sottoposta ad alte temperature. Una volta concluso il processo di lavorazione della farina fossile, questa si prestava per svariati impieghi. Ottima come assorbente per uso medico, sanitario e industriale, come abrasivo, come filtrante, un buon materiale persino da costruzione, essendo refrattario in aiuto del calcestruzzo e cemento, perfetta anche come isolante del calore.

 

La disgrazia del Latte di Luna

Va però ricordato che dietro questo innocuo e a tratti romantico nomignolo “latte di luna” (anche fiocco di neve), per il colore e la finissima polvere ottenuta, la farina fossile in realtà era anche causa della silicosi, malattia invalidante e mortale. E’ oramai storia che gran parte dei lavoratori di quelle cave, sono deceduti subito dopo essere andati in pensione, mentre per altri la malattia si è riscontrata anche durante le attività. In memoria di tutti i minatori che in quelle cave hanno lavorato per una vita, offrendo infine la vita stessa, all’interno dell’attuale “Lago dei Cigni”, un tempo porzione della cava di Campogrande, è stato istallato un monumento del minatore. Lavorato a mano dallo storico scalpellino Umberto Dondolini, questo monumento in pietra di peperino oggi rappresenta un simbolo che ricorda il lavoro e la fatica dei minatori che per molti anni qui hanno operato.